Il colore

15 Novembre 2021
Uno dei temi più complessi che pone domande più frequenti, soprattutto per una persona che sceglie di intraprendere un percorso artistico progettuale, è quello del colore.
Ovvero, perché vediamo i colori? Quanti sono effettivamente i colori che possiamo conoscere? Dal punto di vista evolutivo ci siamo sviluppati per avere una visione tricromatica: oltre a distinguere bianco, nero, giallo, blu percepiamo anche il rosso e il verde. Secondo studi recenti il motivo alle origini tale sviluppo dipende dal fatto che i primati, nutrendosi di foglie quando altri tipi di cibo scarseggiano, abbiano sviluppato la capacità di riconoscere mediante il colore le foglie più nutrienti: in poche parole in un mondo colorato è più facile trovare da mangiare.
Il secondo punto da analizzare è che gli oggetti non sono colorati, essendo il colore un’esperienza soggettiva che dipende da due cose: la luce che gli oggetti riflettono e la proprietà del sistema visivo di chi guarda. Uno dei primi scienziati nel Seicento a intuire questo meccanismo fu Isaac Newton che, con il suo famoso prisma, notò che il fascio di luce che attraversa il prisma si scompone per formare quello che noi chiamiamo arcobaleno. A questo esperimento, Newton aggiunse un secondo prisma che ricomponeva i colori producendo poi luce bianca. Da questo dedusse che la luce bianca è una somma di colori diversi e che il prisma è un mezzo per scomporli. Oggi sappiamo che quando la luce illumina un oggetto possono succedere tre cose: tutto lo spettro viene riflesso e l’oggetto appare bianco; tutto lo spettro viene assorbito e l’oggetto appare nero; una parte di spettro viene assorbita e l’altra parte riflessa facendo sì che l’oggetto appaia del colore della luce riflessa.
Vedere il colore

Il termine “colore” viene usato in modo generico per indicare concetti differenti. Nello specifico, i colori si differenziano tra loro sulla base di tre caratteristiche: tinta, chiarezza, saturazione. La tinta è quella qualità che permettere di distinguere il rosso dal blu, dal giallo, dal verde ecc. e ha come grandezza fisica la lunghezza d’onda. Si definiscono colori cromatici quelli che possiedono una tinta mentre acromatici quelli che non la possiedono (bianco, nero, grigio). La chiarezza si riferisce a quanto un colore sia chiaro o scuro ed è collegata alla quantità di luce riflessa fisicamente da una superficie.Infine, la saturazione si riferisce a quanto un colore sia vivido (intenso, puro) o pallido (sbiadito). Ma cosa succede nel nostro cervello quando percepiamo il colore? Il nostro occhio deve cercare di tradurre lunghezze d’onda diverse in risposte neurali diverse. È stato dimostrato che la retina contiene tre tipi di recettori (coni) sensibili alla lunghezza d’onda, che rispondono in maniera più o meno vivace a un’ampia gamma di lunghezze d’onda dando una risposta massima alle lunghezze d’onda corte (blu-viola), medie (verde) e lunghe (giallo-verde e sono le uniche che rispondono al rosso). Ciascun tipo di recettore di per sé è insensibile al colore, anche se le curve di sensibilità dei tre tipi di coni sono in parte sovrapposte per cui quando una lunghezza d’onda stimola i tre recettori in maniera differente, al cervello arriva una tripletta di segnali ed è il rapporto fra questi segnali che determina un colore. A ogni colore corrisponde una miscela di tipo additivo dei segnali provenienti da questi tre sistemi che sono poi organizzati e rielaborati nel sistema visivo. Falcinelli parla di questo sistema come teoria basata sui segnali antagonisti secondo cui la retina percepisce i colori secondo tre coppie (blu-giallo, verde-rosso, bianco-nero) e queste informazioni si cancellano l’una con l’altra creando dei segnali opponenti: questo meccanismo avviene per ridurre l’energia metabolica usata e rende più efficienti le cellule che si dividono in due gruppi, poiché i segnali provenienti da uno o più coni arrivano alle singole cellule nervose che si eccitano o inibiscono in base alle coppie di tinte. Possiamo riassumere la nostra percezione dei colori come risultato di due operazioni consecutive: la prima si svolge a livello dei fotorecettori e consiste nell’attività di tre tipi di coni diversamente sensibili alle lunghezze d’onda, la seconda, si svolge invece a livelli successivi e organizza in maniera antagonistica le risposte delle diverse lunghezze d’onda. È questa complessa struttura a permetterci di distinguere i colori in maniera ancora più selettiva rispetto al livello dei coni. Come dicevamo l’esperienza del colore è soggettiva e dipende da determinati fattori. Per esempio esistono persone la cui percezione del colore differisce notevolmente dalla norma e questo fenomeno è chiamato discromatopsia: chi ne soffre non è in grado di distinguere fra loro certi colori (di solito rosso e verde) perché, nella maggior parte dei casi, l’occhio contiene lo stesso numero di coni ma si comporta come se solo due tipi fossero attivi, o quelli sensibili al rosso (protanopia) o quelli sensibili al verde (deuteranopia). In entrambi i casi il sistema antagonistico rosso-verde non funziona come dovrebbe e i due colori tendono a venir confusi l’uno con l’altro e vengono percepiti entrambi come gialli poco saturi e questo disturbo è comunemente chiamato daltonismo.

Interazione del colore
Josef Albers



Oltre cinquant’anni dalla la sua prima edizione, questo testo è ancora un riferimento per chi studia il colore. Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1963, è una sintesi delle lezioni sulle proprietà del colore tenute nelle università americane dal pittore e designer tedesco Josef Albers. Il libro raccoglie gli esercizi svolti con strisce di carta colorata e pigmenti dagli allievi di Albers. Di queste prove non è importante l’esito: lo scopo è quello di “sviluppare, attraverso l’esperienza e gli errori, l’occhio per il colore.In particolare ciò significa sia saper vedere l’azione del colore sia sentire la relazione reciproca fra i colori”. Il metodo di Albers non si fonda su una teoria del colore statica e universale, ma sulla percezione diretta e sull’esperienza che dimostrano gli effetti illusori dei colori, la loro relatività e instabilità. Il risultato è un percorso semplice, ma articolato che rappresenta la testimonianza della poetica di un grande maestro e fornisce uno stimolo alla formazione di un “pensare pratico” in cui l’esperimento e la scoperta accompagnano un metodo accurato e creativo.

La relatività
del colore

I due quadratini sono dello stesso colore, nella tavola originale le due bande (blu scuro e gialla) si possono tirare su per mostrare che al di sotto i due quadratini in realtà sono una striscia di un unico colore. Tavola IV-1 pag 118. Interazione del colore di Josef Albers.

Caldo-Freddo

Il rosso e il blu di solito rappresentano il caldo e il freddo. In questo caso vengono messi in modo alternato per dimostrare che entrambi i colori possono apparire sia caldi sia freddi. Tavola XXI-1 pag 222. Interazione del colore di Josef Albers.

Immagine
postuma

Se fisso il cerchi arancioni per mezzo minuto e poi sposto lo sguardo sul cerchio bianco il bianco scompare. Il colore che si vedrà è un contrasto simultaneo del rossoTavola VIII-1 pag 144. Interazione del colore di Josef Albers.

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